Letture
Verso una leadership personale
Quando si parla di leadership il pensiero corre istintivamente a qualcosa che ha a che fare con l'arte del comando, alla caratteristica di base di quelle persone in grado di influenzare i comportamenti delle persone e di guidarle e orientarle verso gli obiettivi. Si tratta certamente di questo, ma non solo. La leadership non conosce infatti soltanto una dimensione che potremmo chiamare "verticale", ma anche, e forse prima di tutto, una dimensione orizzontale, che riguarda la responsabilità personale.
Questa responsabilità si esprime nella capacità di comunicare consapevolmente, di instaurare relazioni proficue e durature, di prendere decisioni ponderate, di difendere con equità gli interessi propri e della realtà che rappresenta, di affrontare proattivamente le sfide della quotidianità, di organizzarsi in modo tale da non essere sopraffatto dagli eventi. Una persona che possiede ed esercita queste capacità è considerata affidabile, credibile e autorevole. In essa si riconosce la leadership. Ma osserviamo queste qualità più da vicino.
Ognuno di noi comunica, ma quanti lo fanno consapevolmente? Non molti in realtà, e forse per questo si parla, con buona ragione, di arte della comunicazione. La comunicazione consapevole non si improvvisa, ma esige preparazione, come ogni altra forma di arte. Prepararsi significa pensare, mettere in funzione il cervello prima della lingua e pensare significa farsi delle domande. Che cosa voglio ottenere? Chi ho davanti a me? Che cosa è conveniente dire, ossia a quali argomenti potrò fare ricorso per conseguire l'obiettivo? Cosa dovrò dire, in che modo esporrò gli argomenti che ho scelto? È il momento giusto per dire quel che intendo dire?
Si potrebbe osservare che non esiste sempre la possibilità di passare in rassegna tutti questi accorgimenti prima di aprire bocca. È vero, ma è vero anche che non è sempre necessario. Vi sono però circostanze nelle quali prescindere da un'accurata preparazione può generare qualche problema, talvolta anche serio. Almeno nelle occasioni più importanti sarebbe opportuno ricordarsene.
Oltre a ciò una persona autorevole si esprime in modo assertivo. Significa che quel che ha da dire lo dice in modo diretto e rispettoso. Diretto significa che non usa inutili giri di parole, va direttamente al nocciolo della questione, mette l'interlocutore di comprendere esattamente ciò che vuole, non parla per sottintesi, non allude ma esplicita. Rispettoso significa che, in ogni circostanza, tiene conto del punto di vista dell'interlocutore, non lo esclude da proprio orizzonte di comprensione, cerca punti di contatto, non assolutizza le proprie prospettive.
La leadership personale si esprime, anche grazie alla capacità di comunicare, nella qualità della relazioni. Il mondo nel quale viviamo è governato dalla tecnica. Essa pare non lasciar spazio al tempo per costruire buone relazioni, ma ciò non significa che gli esseri umani, fautori del progresso tecnologico, abbiano cessato di averne bisogno. Scriveva James Hillman che in un'epoca segnata dall'high tech si senta sempre più forte la nostalgia di high touch. La tecnologia non sostituisce il contatto, non ripaga le persone alle quali neghiamo il nostro tempo. È illusorio, e anche un poco barbaro, pensare che si possa fare a meno di empatia, di vicinanza, di ascolto e di comprensione. Ciò riguarda anche le relazioni professionali, perché, per quanto il mondo degli affari abbia le sue esigenze, non gli si può permettere di soffocare quel che è atteso e gradito, pena lo sdoppiamento e l'instaurarsi di schizofrenie dagli esiti imprevedibili.
Una persona credibile decide con ponderatezza. Non considera tempo perso quello impiegato nell'analizzare i problemi, nelle loro dimensioni e implicazioni. La fretta, l'abitudine e il timore ci inducono spesso ad analisi superficiali affrettate. Occorre decidere rapidamente. Ma un antico filosofo ha detto che la possibilità di risolvere efficacemente un problema risiede sapiente per il 90% nella correttezza dell'analisi e di conseguenza nella comprensione del problema stesso. I problemi che ci si presentano sono spesso pluridimensionali; coglierne soltanto qualche aspetto può non bastare.
La distinzione fra perdenti e vincenti è rozza, ma esiste certamente una differenza fra le persone che hanno successo nella vita e quelle che passano di sconfitta in sconfitta e non consiste nella difficoltà a risolvere i problemi che la vita, professionale e no, presenta. Si tratta di altra cosa: il perdente è infatti tale non perché fatica a risolvere i problemi, ma perché non li vede.
Ognuno di noi, tutti i giorni negozia. Non ne siamo sempre consapevoli, ma è così. Lo facciamo per i più svariati motivi, professionali ed extraprofessionali.
Quando un negoziatore è considerato affidabile? Quando è un piacere trattare con lui. La risposta viene spontanea: quando è onesto. Ma che cosa significa essere onesti nel negoziato? Il significato va ben al di là del pur importante non ingannare o mantenere gli impegni assunti, perché esiste un'onestà previa, che consiste nel comprendere gli interessi dell'interlocutore. Un negoziatore credibile e previdente sa bene che "stravincere" non gli giova. Potrà procurargli qualche vantaggio nel breve periodo, ma alla lunga le vittorie ottenute con l'umiliazione dell'interlocutore lo danneggeranno. La prospettiva del negoziatore equo si riassume nella formula "io vinco - tu vinci". Un buon affare è tale quando giova a entrambe le parti in causa. Ci si potrebbe domandare che cosa questo abbia a che fare con la leadership. È semplice: non c'è leadership personale senza credibilità e non c'è credibilità senza equità.
La leadership personale si manifesta anche nella proattività. Di fronte ad un evento indesiderato, a una difficoltà, a uno dei tanti affronti che la vita ci riserva, siamo sempre di fronte a un bivio: da una parte possiamo indulgere nel lamento contro la sorte, la perfidia altrui, le condizioni avverse; dall'altra possiamo esercitare la responsabilità di creare le condizioni che ancora non esistono, di agire per orientare gli eventi, di affrontare creativamente i problemi. La persona proattiva è quella che pensa "Anziché lamentarmi di ciò che non funziona, farò tutto quanto è nelle mie possibilità, e niente di meno, per far sì che la situazione evolva in senso positivo."
La proattività, come del resto il suo opposto, è un insieme di comportamenti contagiosi. Io non posso, per esempio, pretendere di modificare i comportamenti degli altri. Non è possibile e conviene farsene una ragione. Posso però indurre gli altri a decidere di modificare i loro comportamenti. In che modo? Modificando i miei. Questa è leadership responsabile.
"L'uomo saggio non è indaffarato, l'uomo indaffarato non è saggio" dice un proverbio cinese. Perché siamo tutti così indaffarati? Abbiamo davvero così tante cose da fare? E sono tutte importanti? Non è piuttosto vero che siamo presi in un vortice che non ci lascia più vedere che cosa è prioritario? È singolare che, proprio in un'epoca nella quale più che in qualsiasi altra si parla di organizzazione, le persone siano sopraffatte dalla quantità di occupazioni. I cambiamenti si succedono in modo non solo rapidissimo, ma assai spesso incoerente. Ciò che valeva fino a ieri non è più valido oggi e si spaccia la confusione per flessibilità. Le persone sono sempre più smarrite. E più indaffarate in attività sulle quali nutrono perplessità. Che cosa è successo? Che cosa non funziona nel nostro modo di organizzarci? Perché le urgenze si succedono e ci soffocano? perché i cambiamenti, che pure sono necessari, sono diventati incomprensibili e spesso inutili?
È successo che con sempre maggior prepotenza l'oggi ha sostituito la visione. Quando diciamo che abbiamo bisogno di leader cerchiamo precisamente questo: uomini e donne capaci di elaborare visioni di largo respiro, ognuno nella posizione e nella responsabilità che gli compete.